Lamentarsi é uno sport nazionale.
Siamo capaci di lamentarci di qualsiasi cosa: da nord a sud, da est a ovest, ogni ragione è buona per qualche minuto di sana lamentazione cosmica.
Troppo sale nella pasta, l'arrosto sciapo, la bolletta troppo alta, ma ho anche sentito gente lamentarsi di aver pagato pochissimo e che, la dolenza, la si faceva in vista del prossimo futuro, anche se quel bimestre, in realtà, era un buon mese. In Romagna spesso ci lamentiamo del troppo traffico o della mancanza di parcheggi o della fila alla posta e definiamo un "parcheggio distante da casa", un posto auto lontano circa 300 metri (oh dico: non vorrai mica farmi fare tutta quella strada a piedi). Siamo soliti fare parcheggi "strategici" che ci permettano di compiere, pedibus calcantibus, il minor numero di centimetri possibile. Se andiamo alla posta e abbiamo ben due persone davanti, nominiamo tutti i santi del paradiso, iniziamo a sbuffare come mantici, e iniziamo a premere davanti alla finestrella dell'impiegato postale, mostrandogli l'orologio. Oggi il "romagnolo lamentone" che è in me, si è scontrato con i tempi di una grande città, dove non è possibile (pena la fustigazione con gatto a nove code) effettuare "parcheggi strategici" per entrare con l'automobile dentro all'ufficio anagrafe e dove, la fila minima, consiste nell'avere come minimo quaranta persone in attesa davanti a te. In una situazione del genere, il lamento, ti si spezza in gola perché non puoi lamentarti del brodo grasso che hai a casa e questo ti fa diventare molto zen. Impari a osservare i sassolini di un parco, a guardare i diversi atteggiamenti delle persone che ti circondano, impari a leggere un libro tenendo d'occhio la fila che si snoda. Anche la frase "attraversare la città" cambia di significato. A casa mia, l'altra parte della città, dista un paio di chilometri in linea d'aria, qui invece i chilometri possono anche essere cinquanta. Insomma una grande città, dove tutto è frenetico e dove i tempi si dilatano a causa di distanze e numero di cittadini, insegna l'arte della pazienza che, in questi giorni vissuti da "torinese" spero di aver imparato. Om mani padme hum...
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