giovedì 16 febbraio 2017

Diario di un tarlo qualunque: La crema protettiva

Premetto che, essere costretti a spalmarsi una crema anche fosse solo sulle mani, per me è un serio problema. Da vecchio romagnolo quale sono, ho la presunzione di credere che esista un solo tipo di crema: quella fatta con uova, zucchero e farina. Quella crema, per intenderci, che puoi mangiare nella zuppa inglese o nella versione "catalana" con lo zucchero bruciacchiato sopra o nei mitici bomboloni.
A casa mia, ogni altro tipo di crema che si rispetti è bandita.
Certo, tollero le creme di bellezza di mia moglie, ma per quel che mi riguarda, rifuggo da ogni tipo di "broda untolenta" da spalmare su parti del corpo. La crema, come dice lo statuto del goloso a pagina 157 articolo sette, comma secondo, può essere spalmata solo su pane o fette biscottate. Cerco insomma di attenermi a queste personali leggi della mia fantasia. Purtroppo però, il freddo di questi giorni, ha seccato la pelle delle mie mani. La pelle era così seccata che ha minacciato di spaccarsi se non avessi idratato le mie mani con unguenti atti alla bisogna. Ora voi dovete immaginare la faccia di un uomo che, schifato dalla cremoide untuosità, si massaggia le mani e guarda con sguardo sognante il rubinetto dell'acqua, fonte di lavaggio dalle impurità e dovete altresì immaginare lo sconforto del suddetto elemento, nel sentire che, quella crema, dovrà stare "ore" sulla vostra pelle. Lo stesso ragionamento vale anche per creme solari e dopo sole. Ungere parti del mio corpo, salvo che non debba fare un massaggio, è da considerarsi tabù. Con le mani piene di crema, poi, non posso nemmeno aprire un libro o un fumetto perché macchierei indelebilmente le pagine. Gli unguenti sono per me una punizione divina. Ecco: ora ho spalmato untume anche sulla tastiera dello smartphone e mi sento in colpa.
A proposito, dimenticavo: sono Daniele e oggi per la prima volta ho spalmato crema sulle mie mani.



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