venerdì 21 ottobre 2022

Diario di viaggio "il romanzo"

Diario di viaggio: capitolo 1
Giorno prima della partenza.

Avere avuto una moglie di un certo tipo, avrebbe dovuto condizionare la vita e invece: niet, nada, nein, o come diciamo noi in Italia, no: a me non è servito a nulla!
Lei: essenziale in tutto
Io: incasinato e totalmente avulso dalla praticità delle cose.
Se la ex compagna di vita dovesse partire per un viaggio, il suo guardaroba in valigia, sarà “lo stretto necessario” e questo, nel puro senso del termine.
Io invece farei prima a spedire direttamente l’armadio che ho a casa.
Si, perché non si sa mai... e se ci fosse una serata di gala?
Un vestito serve.
A cena poi non è da gentiluomini indossare dei bermuda, quindi i pantaloni lunghi vanno portati, ma siccome mi conosco e so che sono uno sbrodolone, dovrò pur averne qualcuno di ricambio, magari uno per ogni giorno di permanenza.
Il che significa che ai sette bermuda previsti per il giorno, vanno aggiunte sette “braghe” lunghe per la sera portando così a quattordici, il numero totale di pantaloni da portare. 
Questo è il criterio che andrà utilizzato dal sottoscritto anche per quel che riguarda il resto: camicie, t-shirt, calzini e così via.
In pratica: per il sottoscritto, venti chili di valigia, per una settimana, sono davvero pochi... 
In un viaggio io sarò sempre e comunque quello con la borsa più pesante.
Questa sera, quando la mia ex compagna è venuta a trovarmi per stare un po’ con i cani, ha guardato il casino che avevo creato in soggiorno nel preparare valigia e bagaglio a mano e ha chiesto: 
“Stai traslocando?” 
Effettivamente così poteva sembrare.
D’altronde dieci anni di pragmatismo, non servono a nulla se hai un cervello “AB normal” tipo quello che indosso.
Il mio grado di ansia è tale che per paura che il bagaglio che andrà stivato nella pancia dell’aereo vada perduto, cercherò di inserire nella borsa da portare a mano, almeno altrettanta biancheria di sicurezza.
Capisco sia un assurdità: in primo luogo, in questa occasione, non vado in Alaska, ma in Kenya dove l’abbigliamento deve essere assai leggero e informale.
Io però ho sempre dato ascolto alle vecchie nonne che, un tempo, insegnavano ed invitavano ad essere prudenti e pronti ad affrontare qualunque tipo di cambiamento climatico, per cui: “una felpina o una magliolina di lana per eventuali serate fresche, anche se sei all’equatore, non vuoi portarla?”
Mi è stato fatto notare che, in caso di macchie o urgenze, esistono anche i servizi di lavanderia in hotel e che quindi, viaggiare leggeri, non dovrebbe essere così complicato. 
Eppure non riesco a limitare il numero di capi da portare appresso e se non riuscirò a rendere “efficace” il mio bagaglio, questa volta dovrò davvero chiamare una ditta di traslochi e far portare, il mio armadio, nel luogo di villeggiatura.
Almeno starò tranquillo... forse.

Diario di viaggio: capitolo 2
: Poche ore prima della partenza

Dopo aver perso almeno due chili nella preparazione della valigia e dopo aver scoperto che il mio bagaglio a mano, da vuoto, pesa esattamente cinque chili (il massimo stivabile nelle cappelliere di bordo), rinuncio finalmente al surplus e chiudo il capitolo bagagli. 
Mi rilasso e attendo l’ora di effettuare il check-in on line per il volo e in quel momento squilla il cellulare, notificando una notizia meteo: mi si comunica che, in Kenya, le “piccole piogge” che erano previste a fine ottobre, a causa di un ritardo “non attribuibile a Trenitalia”, hanno deciso di fare la loro comparsa sul territorio africano proprio nei prossimi giorni.
“Soccia che culo!” Esclamò con forte accento Bolognese (accento che mi ritrovo ad utilizzare quando sono fortemente sorpreso)
L’articolo postato sulla applicazione meteo, spiega che queste piogge, attese due mesi fa, arrivano solo ora a causa del riscaldamento globale e della situazione di surriscaldamento mondiale. 
Perfetto, la pioggia è un bene prezioso, soprattutto per quelle terre così riarse dal sole e dal caldo...
Ma proprio quando parto io?
Il pensiero, naturalmente, va alla memoria del ragioniere più famoso d’italia, ovvero quel Fantozzi ragionier Ugo, che era solito viaggiare con una nuvoletta carica di pioggia durante le sue brevi escursioni.
Riuscirà il nostro eroe a godere del sole africano?
Lo scoprirete nelle prossime puntate...


Diario di viaggio: capitolo 3
 giorno della partenza

Un muro di nebbia accoglie il mio arrivo a Verona e il mio ottimismo ha un crollo. Già mi vedo con voli cancellati o spostati, ma attorno all’aeroporto (grazie alle Divinità) pare esserci sereno. 
L’aeroporto Catullo è di per se abbastanza triste se non fosse per una nota di colore che un uomo trova pur sempre gradevole: davanti all’ingresso delle partenze un bel negozio di lingerie con tanto di manichini addobbati di tutto punto. 
La domanda che mi pongo è “perché là lingerie in aeroporto? Forse per la leggenda del sesso nel bagno dell’aereo? O perché così, in caso, l’apparecchio precipitasse, ritroveranno il nostro intimo in ordine?”
Comunque resta il fatto che, in caso di tragedia, una calza tenderà a smagliarsi.
Il restante stabilimento ricorda una cattedrale nel deserto. 
Pochi, a quanto pare, i turisti in attesa del volo, così rari che ci si aspetta di incontrare, da un momento all’altro, la famiglia Addams.
Fortuna che somiglio allo zio Fester.



Diario di viaggio: Capitolo 4
 l’arrivo

24 ore, anzi qualcosa in più, senza dormire andando avanti a caffè valgono la pena perché un viaggio in Kenya è sempre particolarmente magico.
Per evitare di spaventare ulteriorimente i miei due lettori, non mostrerò la foto della mia faccia accartocciata dal sonno.
“Eh ma potevi dormire in aereo, visto che hai viaggiato di notte oppure, potevi dormire sul pulmino durante il trasferimento dall’aeroporto al Resort”
Primo: non dormo quando non guido io.
Oddio: messa così sembra che io sia un imprudente che dorme al volante, ma non è così state tranquilli, la vostra vita è (quasi) al sicuro con me al volante.
Intendo dire che se non guido, divento una di quelle persone che urlerebbero volentieri “attento alla macchina, non superare qui! Arrrghhhh moriremo tutti!”.
Lo farei soprattutto in un paese che guida “dalla parte sbagliata della strada”. 
Il Kenya non ha colpe in questo, le colpe sono dei britannici che colonizzarono questo meraviglioso paese.
Comunque...
Per rispondere all’altra domanda, non ho dormito in aereo perché russo come un bufalo in calore (e qui mi giocherò, mio malgrado, la possibilità di dormire o viaggiare in futuro con nuove amiche). 
Ora: voi vedreste di buon occhio un intero Boeing 787 sveglio per il russare di un singolo passeggero per di più viaggiante in classe economica?
La risposta è dentro di voi.
Pensateci su...

Diario di viaggio: Capitolo cinque
giorno 1 
Si progettano escursioni

Voi, si: voi!
Voi che leggete queste mie note e che mi accusate di essere troppo ansioso e che dovrei drogarmi meglio...
Secondo voi, un ansioso, progetterebbe una escursione in motocicletta (10 hp, poco cromata...) in un paese dove, lo dicevamo ieri, si guida dalla parte sbagliata?
Un ansioso cavalcherebbe mai una moto, per vedere un tramonto? Certo sarebbe cosa romantica e allettante. Comunque ok, temo abbiate ragione voi: io infatti non ho scritto che la farò sicuramente, ma che, valutandone pro e contro, la sto progettando e come sapete, tra il dire e il fare ci sta molto più che il mare: qui addirittura c’è un oceano...indiano.
Sono stato preso a braccetto da Brunella (la mia agente di viaggio su terra Kenyota) che mi sta consigliando le escursioni migliori e ho già “adottato” un beach boy in spiaggia.
Sarà il karma, sempre che esista, ma l’unico appassionato di fumetti e pseudo vignettista presente al Resort che mi ospita, ha trovato un beach boy che si fa chiamare “Batman”.
Un caso? No, non credo.
Sappiatelo: le spiagge sono più sicure con un supereroe a vegliarle.
Il capitolo più dolente, ma anche no, è il cibo.
Qui al Jacaranda, porca pupazza, si mangia divinamente.
Ecco, ora sento arrivare il commento sprezzante: “lamentarsi per il buon cibo? Ma tu sei malato!”
Lungi da me lamentarmi del buon cibo, anzi: sono grato a questo luogo per la buona cucina offerta (cosa non sempre scontata nei resort, ad esempio in Egitto, non ho affatto mangiato bene), il fatto è che le buone pietanze invitano ad esagerare e io non vorrei aggiungere altre “x” a quelle presenti sui miei capi di abbigliamento.
Detto questo sappiate che, se non dovessero arrivare altre puntate di questo “diario”, potrei aver deciso di effettuare quella famosa gita in moto al tramonto.


Diario di viaggio: capitolo sei
giorno 2
Le conquiste

Certo non sono Sean Connery e nemmeno Clark Gable che (spiegato alle più giovani all’ascolto) erano attoroni di un certo fascino e bellezza, ma evidentemente il fascino del baffo assassino colpisce le ragazze locali più attempate alcune delle quali ha proposto al sottoscritto di pensarci su e di pensare a fare figli color caffè latte che verrebbero bellissimi.
Battute a parte, chiacchierare con i beach boys e le beach girls è un momento di grande crescita culturale, qualche risata e sorrisi, non è certo l’acquisto di un braccialettino o di un ciondolo a mandare in rovina il bilancio del sottoscritto.
Care compatriote: occhio che lo “ScemConnery” della bassa romagna, quello che voi lassù considerate un “usato e nemmeno tanto garantito” qua è merce forte. Investire su di me, viste le azioni in aumento, è un guadagno assicurato

Diario di viaggio: Capitolo sette
giorno 3
Di motociclette, di pesce e di solleoni.


Utilizzate una vecchia canzone di Luca Carboni e canticchiate questo testo modificato: “sono stato su una moto, usata ma tenuta bene”.
Il battesimo della moto è avvenuto con successo e devo dare ragione a Brunella (che mi sta aiutando ad organizzare qualche peregrinazione in questo paese stupendo), le mie ansie più che ingiustificate e un pilota fantastico. 
Oggi fantastico viaggio in mezzo all’oceano, visita alla barriera corallina, visti i delfini da vicino, fotografato e filmato sopra e sotto l’acqua.
Pranzo stupendo a base di aragosta, gamberi e riso al cocco. Di più non si poteva davvero ricevere.
Ho preso il sole, tanto sole, così tanto sole che dovrei fare il bagno nell’unguento doposole
“Ma la protezione l’hai messa?”
Certo che si, sono personcina prudente
“Quante volte l’hai messa?”
Una sola, perché? Non basta una volta in tutta la giornata?
“Sai di essere pirla vero?”
... ops...



Diario di viaggio: Capitolo 8
 giorno 4 
Hakuna Matata


Hakuna Matata, significa “nessun problema” perché a tutto c’è una soluzione.
Quasi fosse un termine Jedi per uomini “potenti nella forza”.
Nessun problema significa anche sentirsi rivolgere domande personali e quella più comune è “perché viaggi da solo?”
Inutile dire che sono ormai un esperto in risposte evasive, ma ad una domanda molto specifica, oggi mentre mi recavo al ristorante, non ho potuto non rispondere ammettendo uno stato mentale specifico.
“Posso farti una domanda?”
Mi chiede interessato uno degli animatori del Resort.
“Prego, dimmi...” rispondo gentilmente
“Perché vesti così?”
Oddio, perché come son vestito?
Eccoli arrivare: sono i dieci minuti di panico che mancavano alla collezione.
Era forse giorno in cui necessitava di vestirsi con camicia e pantaloni lunghi?
Cavolo: indosso solo bermuda e una polo. Cosa diavolo avrò che non va.
Non voglio ferire nessuno e vorrei tentare di rispettare l’etichetta e, sorpresa, proprio di “etichetta” si tratta.
“Hai messo la maglia a rovescio amico, vedi hai l’etichetta fuori. Come mai hai messo la maglia a rovescio?”
“È molto semplice...” rispondo con il tono sicuro di chi, ogni giorno, ha a che fare con la moda e l’eleganza:
“...sono un idiota!”
Bene, ora, mi conoscono anche qui, sono quello che mette le cose a rovescio, il distratto...
Collezionare figuracce all’estero è il mio mestiere, qualcuno dovrebbe pagarmi per l’ilarità che creo ovunque vada nel mondo.
Hakuna Matata!



Diario di viaggio: Capitolo 9
 giorno 5
Di scuole e tramonti...

(Colonna sonora “all night thing” di Chris Cornell)

Il racconto di oggi sarà meno ironico e sicuramente più malinconico del solito, ma credo che l’argomento vada comunque affrontato. 
Visitare una scuola in Kenya, può essere davvero molto sconvolgente soprattutto per coloro che pensano sia sufficiente portare qualche quaderno, qualche penna o un po’ di abiti pensando di fare chissà cosa o lavarsi l’anima.
Certo: é pur sempre una goccia di acqua e migliaia di gocce d’acqua possono portare ad un oceano.
Ma è comunque nulla! 
È quello il momento in cui, chi come noi ha tutto, si rende conto di quanta povertà ci sia in giro per il mondo. 
E i tuoi “quattro” quaderni, le tue penne e i vestiti, servono a poco o a nulla.
Ma allora perché portarli? 
Perché è importante. Così come sono importanti i libri, gli abbecedari, i pallottolieri e le lavagne. 
Così come sono importanti i banchi di scuola. 
Peccato che qua, i banchi di scuola, spesso nemmeno li hanno mai visti, ma solo sentiti nominare. 
Così dopo aver consegnato qualche quaderno, risalgo mesto su una motocicletta e me ne vado verso il tramonto di questa vacanza che così tante emozioni e sensazioni ha regalato. 
Per lavare via l’immensa tristezza trasmessa dalla composta allegria dei ragazzini, mi concedo un samosa di granchio (una specie di panzerotto) che, per qualche istante, sposta i pensieri al piacere della buona tavola, ma è in questo momento che il Kenya affonda i suoi coltelli nel tuo cuore e lo fa grazie ai colori del tramonto che scende tra le mangrovie e i suoi sapori. 
Un paese a cui la natura ha donato tanto, un paese che però non ha nulla.
Il bianco, il nero: gioie e dolori mitigati dai sorrisi di questo fantastico popolo.
E così, andando verso il tramonto di questa vacanza, posso dire che il mal d’Africa scorre già forte e potente in me.



Diario di viaggio: Capitolo 10
 giorno 6
Il video delle vacanze:

Del sesto giorno, ho poco da raccontare in realtà: qualche tuffo e qualche bracciata in piscina non sono certo interessanti (che presunzione pensare che gli altri miei racconti lo siano stati). 
Ho nuotato un po’ dopo tanto tempo, rilassando un po’ mente e corpo, ma soprattutto per preparare il fisico a questi ultimi tour de force alimentare che il #Jacaranda offre ai suoi ospiti.
Non rimane che “l’ultima spiaggia”, quella che una volta coinvolgeva e obbligava gli amici a condividere le esperienze di viaggio, ovvero il filmino delle vacanze. 
Ricordate quando gli amici vi invitavano a cena ed entrando in casa trovavate pronto in soggiorno lo schermo delle diapositive e un proiettore e non potevate sfuggire all’evento? 
Ebbene in pratica, pure io (spinto soprattutto dagli inviti di amici) vi “obbligherò” a vivere questa tradizione. 
Le tradizioni sono importanti, per cui: preparate i popcorn e buona visione (se vorrete).



Diario di viaggio: Capitolo 11
giorno 7
Asante sana
(Colonna sonora: arrivedorci di Elio e le storie tese)

In Kenya, per dire grazie, si dice “asante sana”.
Rientrare in stanza la notte prima della partenza e trovare sul letto un augurio di buon viaggio, non mi era mai capitato. 
Si, mi era capitato di trovare gli asciugamani piegati a forma di serpente, elefante o altro animale, ma mai ho trovato una composizione floreale sulle lenzuola con la scritta “buon viaggio”.
Un gesto che non aspettavo e che ho voluto ricambiare nello stesso modo (aggiungendo un piccolo premio).
Grazie a Brunella, “Batman” e Lorenzo e grazie anche ad Abdul che hanno rinnovato il piacere di visitare questi luoghi così magici. 
Grazie anche ai ragazzi del #Jacaranda sempre gentilissimi e mai invadenti, ma sempre pronti a scambiare una parola è un sorriso.
Stiamo tutti dimenticando il significato della parola “grazie”, ormai è una parola scontata, data addirittura per obsoleta, ma quella parola ha ancora, per me, un grande valore.
Ed è con questo pensiero che chiudo le valigie per tornare in Italia. Un viaggio che termina non certo con un addio, ma con un arrivederci.
Ora è tempo di recuperare il cervello e di non dimenticare nulla (cose abbastanza difficile per il sottoscritto).
Asante sana ragazzi... è stato un vero piacere.



Diario di viaggio: Capitolo 12
 giorno 8
Il sonno dei giusti

Come invidio quelli che riescono a dormire a comando.
Io nemmeno prendendo sonniferi ci riesco e invece ci sono persone a cui dici “dormi” e loro lo fanno, pure russando!
Così, dopo che NEOS (grazie ad un guasto al suo Boeing), ci ha “costretti” ad un giorno in più di faticosissime peripezie a bordo piscina, “finalmente” arrivano i pulmini a prelevarci all’hotel e si torna in Italia. È quasi notte, o meglio è buio, tutti si appoggiano allo schienale del sedile e in quattro e quattr’otto iniziano a dormire, ad eccezione del sottoscritto naturalmente, che veglia assieme all’autista. Stessa cosa in aereo, tutti a dormire o quasi.
Lascio decidere a voi chi sarà l’unico viaggiatore sveglio per tutto il volo e che sveglio dovrà restare anche nel tragitto aeroporto casa guidando l’auto propria con condizioni di pioggerella mista a neve. 
Io vi invidio!
Voi che dormite i film dai titoli di testa, voi che poggiate lievemente il deretano sul divano pregustando il sonno del giusto, sappiatelo: vi invidio così tanto che resto sveglio quasi per farvi dispetto.
Ed è così, manifestandovi un sano sentimento di invidia, che voglio chiudere questo diario di viaggio. 
Perché qualche sentimento ”negativo”, a volte, bisogna pure trasmetterlo!



mercoledì 17 ottobre 2018

Il pulitore

C’è chi pratica palestra, chi corre, chi va in bicicletta, chi nuota...
Io? Ah beh io...
Faccio le pulizie.
Circa tre ore almeno due volte alla settimana.
Pratico la tecnica della “pulizia estrema” quella dove uso la forza contro sporco e batteri. 
Brandisco l’aspirapolvere a caccia di peli canini, maneggio la vaporella come fosse una spada laser e con impeto combatto contro il lato oscuro dei germi.
Distruggo le casette di calcare costruite dai microorganismi del water con la forza del cif.
Faccio brillare l’inox della cucina come se a brillare fosse un candelotto di dinamite.
E sudo, sudo come un mantice.
Un bufalo in calore suda e fatica meno: ne sono più che certo. 
Poi, sfiancato e distrutto dalla fatica, riponi gli attrezzi e i prodotti, ti giri e... pare che nulla sia stato fatto. Ritrovi allegri pelosi zampettare sul pavimento ancora umido, una folata di vento ti porta dentro la sabbia del deserto è così via.
Ma non abbandono la lotta, lo sporco non mi avrà e io riuscirò a portare il pulito laddove anche le polveri più ostinate resistono...
Se, vista la mia foga, non mi viene un infarto prima naturalmente.

martedì 16 ottobre 2018

Bottoni assassini

“Vostro onore le giuro sono conscio della pericolosità creata, ma sono assolutamente innocente...”
Questo dichiarerò quando verrò chiamato a deporre. 
Si perché davvero a volte si rischia di far male a qualcuno per una stupidaggine.
Basta una distrazione ed ecco che accade il fattaccio. 
Puoi appellarti alle attenuanti generiche, magari puoi chiedere la clemenza della corte e appunto dichiararti innocente, ma in fondo sai che sotto sotto la colpa è anche un po’ tua. 
Quindi si, lo ammetto mi è saltato via un bottone della camicia. 
Saltato via come un proiettile e per fortuna, nessuno era sulla traiettoria o poteva essere una strage.
Naturalmente cercherò di giustificare il salto del bottone, dicendo che è un complotto delle fabbriche di fili di cotone, che per guadagnare di più, tendono a produrre materiale meno resistente o appellarmi all’usura della camicia, ma non sono altro, appunto, che attenuanti generiche.
Con quel bottone, inutile negarlo, potevo uccidere qualcuno. 
Devo farmene una ragione e arrendermi.
È giunto il tempo di aggiungere una “X” alla “XL” che attualmente indossavo.



lunedì 15 ottobre 2018

Il barbiere

Il barbiere è uno di quei mestieri affascinanti che, purtroppo, si stanno perdendo.
Ed è un peccato perché le botteghe dei barbieri hanno qualcosa di magico e di artistico. Non a caso, i barbieri, sono protagonisti di opere liriche, letterarie e cinematografiche.
Non appena ci si accomoda sulla loro poltrona, già ci si rilassa: saranno gli odori dei dopobarba che aleggiano nell’aria o il tono caldo e sempre amichevole dell’artista del rasoio che riescono immediatamente a farti rilassare. 
Ora: voi vi chiederete che ci faccio io dal barbiere visto che il mio cranio è una palla da biliardo... ebbene io mi godo l’arte della cura della barba. 
Così, mentre il barbiere ti racconta di ristoranti o di qualunque argomento gli venga in mente, spennella il viso con il sapone, massaggiando con cura il viso in modo che poi il rasoio possa scivolare sulla pelle senza far danno. Se si frequenta la stessa bottega da tempo, è innegabile il legame di amicizia che si instaurerà tra voi e il tonsore. Un legame fatto di confidenze intime, discussioni sportive e di approfondimenti politici proprio mentre la lama riduce a pezzi i peli in eccesso del viso. 
Il barbiere è poesia, perché riesce a domare anche i baffi più ribelli rendendoli docili per almeno una settimana, è arte perché nessuno riesce a ottenere a casa geometrie così perfette sul viso.
È un conoscitore del mondo e dell’essere umano al pari quasi di uno psicologo, perché ha sempre e comunque pronto il giusto consiglio. 
Largo dunque ai factotum della città, tornate a scoprirli, a conoscerli e, magari ad intraprendere in bottega un mestiere, anzi, un’arte che senza alcun dubbio è al servizio dell’umanità.


domenica 14 ottobre 2018


D-8 
No, non sto giocando a battaglia navale, ma sto pensando ai tasti di un vecchio Juke-box. I più giovani nemmeno sapranno di cosa sto parlando (salvo precisa volontà di fare una ricerca su Wikipedia), ma queste macchinette infernali erano una vera meraviglia. 
Inserivi una moneta da cinquanta lire digitavi un numero (quel D-8 di cui parlavo all’inizio ad esempio) e si compiva un miracolo: un piccolo disco di colore nero veniva scelto tra centinaia e grazie ad un braccio meccanico, veniva posto su un piatto su cui scendeva una puntina in diamante. A quel punto, musiche pop e rock si diffondevano nell’aria diffondendo allegria.
Potevi trovarci brani di moda o vecchi classici, dischi quasi consumati, gracchianti, ma che scaldavano l’atmosfera di un locale. 
“Quindi? Mettevi la moneta, schiacciavi un tasto e ascoltavi una canzone? Beh puoi farlo anche oggi caro il mio babbione: si chiama playlist. Mamma mia quanto sei vetusto” - rimprovererebbe un giovin internettuoso.
Ed è vero. Oggi è facile fruire di musica. Tutto è disponibile, dai classici alle novità e con un semplice click o passando un dito sul display di un telefono.
Ma il juke-box era romantico, scorrevi la lista dei brani disponibili, dovevi scegliere oculatamente ciò che avresti dovuto ascoltare e poi “clack” il rumore meccanico dei tasti, confermava la scelta effettuata. Insomma rumori che avevano una poesia, che creavano anche aspettativa perché chiunque fosse presente nel locale, sperava che la canzone scelta fosse di suo gradimento.
C’è solo una cosa che non cambia da quei tempi, un altro classico che non tramonta mai, ovvero qualcuno che ti urli “echeccavolo. E abbassa quel volume!”


Per l'immagine © Aventi diritto

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sabato 13 ottobre 2018

Gli equilibrismi dell'ansia


L’ansia e lo stomaco sono direttamente collegati e lavorano a stretto contatto con la testa e il cervello (o con ciò che ne rimane). Sbalzi di umore, paura, curiosità, felicità (poca e a momenti come cantava Tonino Carotone), si mischiano in uno stato che James Bond definirebbe “agitato non mescolato”. Un insieme di sensazioni che ti fanno perdere un po’ la direzione del vento (come non citare “ho perduto la tramontana del buon Pettenati che, a quanto pare, è ottima colonna sonora per questo mio “breve” scritto). 
Mi è stato chiesto come mi sento. Bene, ma non benissimo... fuori rotta.
È come risvegliarsi in un mondo diverso, dove tutto è nuovo: usanze, credo, politiche... affascinante, ma io sono per il buon vecchio “pantano” ho le mie abitudini, le mie routine, le mie (poche) certezze. Il mio non è un cervello in cerca di fuga. Il mio è un cervello che si trova bene se posizionato comodamente tra comodo guanciali. Un tempo vivevo diversamente, magari allo sbaraglio, oggi sento il bisogno di un pizzico di serenità in più. Non c’entrano, badate bene, le “pene d’amore perduto” certo anche quelle influiscono e destabilizzano, ma tutto prima o poi si sistema. “Soffia! Soffia! Respira, lascia andare e ritrova te stesso”
Facile a dirlo: quando uno è un disordinato cronico, non sai mai dove cercare il tuo io. 
Io dico che il mio io non si trova più: la ha bevuto James Bond.
Ora devo trovare un nuovo me che mi piaccia e devo dire che quel che ho visto e vissuto negli ultimi tempi, non mi è piaciuto. E poi non ho tempo. Potessi essere in pensione allora forse si, potrei ricercarmi con calma, ma anche quella di una pensione è al momento un sogno utopico lontano dall’essere realizzato. E quindi? Quindi nell’attesa andrà in onda una versione due punto zero di un me stesso che non mi piace più di tanto e che riproverà a ritrovare un giusto equilibrio
Lasciatemi però dire una cosa: se volevo fare l’equilibrista avrei studiato arte circense. Ma a quel punto nessuno avrebbe permesso di farmi camminare in bilico su una corda alta da terra: troppo pericoloso. Io sarei stato Il pagliaccio perché questo è quello che, forse, so fare meglio. Buona sorte signore e signori, e domani al circo speriamo di aver trovato nuovi equilibri. Nel frattempo. Musica! Pappapparapappappara suoni l’orchestra che lo spettacolo va in scena anche domani e se oggi ero
Un cocktail Martini, domani chissà...

venerdì 12 ottobre 2018

L'artigiano della qualità

Un rumore terrificante squarcia il silenzio della notte. No, non ho ucciso nessuno (il sole però è ancora alto), ma sicuramente ho perduto qualche mese di vita. 
La tapparella del bagno è crollata causa la troppa usura della corda che la sosteneva. 
Spavento notturno a parte (in fondo ogni dieci anni vuoi non cambiare una corda della tapparella?) il bravo omino che è in me decide, come sempre, di tentare una riparazione “fai da te”.
Il “fai da te” è un arte che chi è dotato di una certa manualità, riesce a riparare qualsiasi cosa: dal rubinetto che perde allo spinterogeno (se ancora esiste) della propria auto. 
Il vero hobbista, infatti, non si lascia spaventare. 
Il vero hobbista agisce con fermezza e sicurezza risolvendo con tenacia i problemi laddove ne sorgano.
Senza battere un ciglio e con la competenza di un Macgyver, l’hobbista, smonta, taglia, rimonta, salda e collega, poi rimonta e tutto va a posto in meno di mezz’ora.
Tra me e un hobbista ci sono alcune differenze.
In primo luogo il “piglio sicuro” ovvero quella certezza di non dover chiamare un migliaio di operai a sistemare i danni che stai per fare. 
“Oh, ma è solo la corda di una tapparella! Sempre il solito esagerato”
Si, ma una tapparella è un meccanismo infernale studiato dai più beceri ingegneri per far impazzire una mente semplice.
La seconda cosa che mi differenzia da un uomo tuttofare è la calma e la serenità. 
In mezzo ad un allagamento, l’hobbista, ha già chiaro il punto di intercetto delle valvole, io invece, nuoterei con i braccioli, le pinne e la maschera in attesa di soccorsi piangendo in modo da aumentare ulteriormente il flusso di liquidi.
Terza differenza: durante l’atto di una riparazione, l’hobbista fischietta felice, mentre il sottoscritto si ricorda immantinente dei nomi di tutto l’arco del santo calendario. 
Nell’hobbistica e nella risoluzione dei problemi domestici, ci sono mille, viti, rondelle, bulloni e molle, che devono tornare tutte al loro posto, ma a me, avanza sempre qualcosa.
Certo: l’importante è ottenere il risultato e ora la tapparella sta su. 
Fino a quando non si sa, ma già sento, nonostante i chilometri di distanza, ridacchiare un tapparellaio e non nascondo che si tratta di una risata inquietante.


Per l'immagine © Aventi diritto
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Diario di viaggio "il romanzo"

Diario di viaggio: capitolo 1 Giorno prima della partenza. Avere avuto una moglie di un certo tipo, avrebbe dovuto condizionare la vi...